Dopo il 13 Ottobre – Sempre per le strade, sempre per le scuole

L’indice di partecipazione, in qualsiasi contesto, è un fattore rappresentativo di quanto valore abbia lo stesso, e di quanto sia sentito il suo movente.

Ieri, 13 Ottobre 2017, dopo due anni di staticità partecipativa, 5000 studenti sono scesi in piazza, 5000 studenti hanno ritrovato la gioia e hanno capito la necessità di lottare.

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La richiesta, alla fine, è semplice: essere coinvolti, essere ascoltati.

Dall’approvazione della Legge 107, infatti, l’esclusione della componente più importante del contesto scolastico, è stata palese. Gli studenti sono stati privati di qualsiasi possibilità di scelta, senza così avere alcun potere decisionale riguardo all’istruzione pubblica, e di conseguenza alla loro stessa formazione.

L’accentramento dei poteri nelle mani di un singolo, l’obbligo al forzato inserimento, ovviamente non retribuito, in dinamiche lavorative di dubbia utilità, l’adeguamento al modello nozionistico europeo, è evidente che non sono pratiche che appartengono alla popolazione studentesca milanese, cosí come a quella nazionale.

70 sono infatti le città che si sono mobilitate, migliaia gli studenti che da tutta Italia sono scesi in piazza per rivendicare gli ormai martoriati diritti degli studenti e dei lavoratori: rispettare un percorso formativo che promuova lo sviluppo del pensiero critico ed essere pagati, sempre.

Eppure, c’è chi si ostina a non ascoltarci, c’è chi si limita a criminalizzare qualsiasi legittima pulsione ribelle, diretta conseguenza della progressiva limitazione di qualsiasi spazio democratico, sia all’interno del processo distruttivo che la scuola pubblica sta subendo,e sia all’interno della sempre più serrata chiusura a cui è soggetto il contesto urbano.

Il fatto che, all’alba del 2017, continuino ad esserci richieste di inclusività, di apertura, di libertà, richieste di democrazia, è indicativo di quanto sia ampio il divario tra istituzionalità cosiddetta “rappresentativa” – ma che non rappresenta proprio niente – e volontà popolare – che, e ne è un esempio la giornata di ieri, possiede un’autonomia nel rappresentarsi e la rivendica -; ma ancora più grave è il fatto che tali richieste vengano deliberatamente e apertamente ignorate, preferendo nascondersi sotto definizioni di “mantenimento del decoro urbano” o “inserimento sicuro nel mondo del lavoro”.

Il corteo ha attraversato le vie del centro, proprio per spezzare la concezione dualistica della metropoli, che da sempre è caratterizzata da due diverse sensibilità, quella centrale e quella periferica, per aprire un varco nella stessa con l’obiettivo di far congiungere e convergere queste due sensibilità in un’unica concezione di città aperta a tutti. Necessitiamo una città che si impegni, non a mantenere il “decoro” applicando provvedimenti repressivi, bensì ad assicurare una soluzione al divario sociale ed economico presente tra periferie e centro.

Invece di introdurre il Daspo urbano, emblema della semplificazione dei problemi attraverso la repressione, ormai usuale istituzionalmente, il Comune si dovrebbe spendere per risolvere la progressiva ghettizzazione ed esclusione che ampie fette di popolazione e città stanno subendo.

Gli studenti si sono ripresi quegli spazi di libertà di cui si stanno vedendo privati in altri ambiti; tra alternanza scuola – lavoro e sperimentazione dei licei brevi, il tempo di sviluppo della formazione e della crescita individuale e collettiva viene infatti notevolmente ridotto. Riducendo da 5 a 4 anni l’esperienza scolastica superiore, si sta eseguendo un altro tra i tanti tagli che da anni caratterizzano gli interventi del MIUR sulla scuola.

L’istruzione dovrebbe infatti assicurare un graduale apprendimento a cui deve necessariamente seguire una graduale rielaborazione, cosa che, concentrando i già ampi e complessi programmi in meno anni risulterebbe decisamente difficile. Vorremmo privilegiare la qualità al posto della quantità, vorremmo valorizzare un percorso completo piuttosto che un precoce inserimento nella precaria dimensione post – diploma.

5000 studenti sono ritornati ad essere protagonisti di una realtà possibile ma soprattutto attuabile, al grido di “riprendiamoci le strade e le città” hanno dimostrato di essere una forza propulsiva verso orizzonti di lotta sempre più concreti.
5000 studenti hanno rappresentato un’alternativa ad un sistema già imposto, un’alternativa da diffondere, da raggiungere, da perseguire.
5000 studenti che hanno avuto il coraggio di mantenere un occhio fisso sull’immediato, ma soprattutto di rivolgere l’altro verso un futuro da costruire insieme.

Le lotte non finiscono qui, saremo sempre per le strade, saremo sempre per le scuole.
Noi abbiamo scelto di essere liberi, e tu?
Rete Studenti Milano
Casc Lambrate

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