La «repubblica di Catalogna» scende in piazza, il fronte si allarga

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La protesta. Migliaia di persone hanno invaso le strade di Barcellona, cortei pacifici: «contro la repressione».

Barcellona è scesa in piazza ancora una volta, nell’ennesima escalation con Madrid sulla spinosa questione dell’indipendenza catalana. La tensione nella capitale autonoma è aumentata dopo che il governo madrileno ha sguinzagliato la Guardia Civil negli uffici governativi catalani della Generalitat, nella Plaça Sant Jaume, e in quelli del ministero dell’economia, all’angolo fra la Rambla de Cataluña e la Gran Via de Passeig de Gracia. Con lo scopo d’impedire la convocazione di una consultazione che la corte costituzionale spagnola aveva dichiarato illegale, la polizia ha arrestato almeno una dozzina di funzionari governativi dell’amministrazione autonoma catalana tra cui Josep Maria Jové, il numero due del ministero d’economia, e sequestrando milioni di schede elettorali. Il blitz, nelle prime ore del mattino di ieri, ha scatenato una fiera protesta ed è stato bollato come totalitario dalle molte e variegate anime del secessionismo, in testa il presidente della Generalitat Carles Puigdemont.

DURANTE UNA GIORNATA assolata e mite, migliaia di persone si sono riversate davanti alla sede della Generalitat, di fronte a quella del ministero dell’economia, perquisita e tuttora presidiata dalla Guardia Civil, e davanti alla sede della Cup, il partito degli indipendentisti di estrema sinistra, per protestare contro gli arresti. Sono manifestazioni risolute ma composte: la folla, persone di tutte le età, molti avvolti nell’estelada, la bandiera catalana, o con indosso magliette del Barcellona, prorompe di tanto in tanto in slogan come «fuori le forze di opposizione», «voteremo», «indipendenza» e «dov’è l’Europa?». Da poche centinaia che erano, man mano che le persone escono dal lavoro si aggiungono a quelle che già presidiano la zona, mescolandosi inevitabilmente con i turisti, creando uno strano melange fra aria vacanziera e fervore militante.

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Intorno alla sede della Cup la folla alza cartelli, «Sens por», senza paura, i militanti sono asserragliati all’interno, fanno la cronaca via tweet, mentre la Policía Nacional circonda il palazzo in attesa di un ordine giudiziario per entrare in cerca di materiale elettorale.

Cortei si sono formati anche nella Plaza Universidad, dove la folla era di minore entità, e in Via Laietana, dove si è tenuto un sit-in.

Il clima è composto, nonostante gli elecotteri volteggiano minacciosi, con nessun episodio violento da registrare. Qualche alterco, anche acceso, con la polizia ma nulla di più. Vuole essere una resistenza pacifica quella a cui ha chiamato il presidente dell’assemblea nazionale della provincia, Jordi Sànchez.

«Non cerchiamo la violenza» assicura Josep Vincenç Mestre Noguè, giovane ricercatore presso la Universidad Pompeu Fabra, precipitatosi con alcuni colleghi sul luogo della protesta. «Non un solo atto di violenza, non un cassonetto bruciato, niente. Cerchiamo la libertà». Lo sdegno si mantiene insomma pacifico e prelude a una situazione che potrebbe protrarsi nella notte. Già verso le sette di ieri davanti agli uffici di Jové cominciavano a circolare, proprio davanti alla polizia, bottiglie d’acqua e insalate confezionate, generi di conforto per affrontare le prossime ore, e perfino dei materassi: un chiaro segno di risolutezza da parte dei manifestanti. «La Spagna sta agendo in modo antidemocratico», affermano Nuria e Montse, due ragazze circa ventenni, «Questo è un colpo di stato.

Ma gli si ritorcerà contro: farà aumentare il movimento indipendentista, coinvolgendo persone che prima non erano interessate al problema».

LA TENSIONE sarà anche controllata ma è palpabile. Un reporter della televisione spagnola che intervista le persone viene accerchiato con tutta la troupe e tempestato di fischi: «La stampa spagnola manipola» gli urlano i manifestanti. «Benvenuti nella repubblica catalana», recita un enorme striscione appeso provocatoriamente su uno dei palazzi che si affaccia sulla Rambla. «Sì al diritto di decidere. Vogliamo votare!», recita un altro. Per ora è il movimento indipendentista a mostrare tutto il suo dissenso: e chi non è d’accordo tace, almeno per oggi. Mentre scriviamo, nel nome di «Meno conflitti, più democrazia» un altro concentramento è stato fissato presso la Puerta del Sol per le sette e trenta da Ahora Madrid, un partito di unità popolare per le amministrative nato dalla sinergia fra i movimenti Podemos e Ganemos. Altre manifestazioni spontanee si sono avute, e si avranno, in tutta la regione.

*con la collaborazione di Josune Garcia Yanguas

da Manifesto

di Leonardo Clausi

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